Non è un caso se l’Intelligenza Emotiva viene ritenuta un set di competenze strategiche (pratiche, allenabili) da inserire nella cultura e nei processi organizzativi. Oltre ai suoi benefici sull’efficacia personale, la capacità di stringere relazioni durature favorisce all’interno dell’organizzazioni un migliore clima di fiducia, motivazione, collaborazione che si riflette nei risultati personali e di conseguenza aziendali. Un altro importante beneficio, essenziale soprattutto di questi tempi, è la predisposizione al cambiamento, proprio perchè le aziende si sono trovate a dover accelerare il processo di trasformazione digitale. Ogni organizzazione oggi si trova in diverse fasi della propria maturità digitale, che si riflette nelle pratiche di smart working, nell’utilizzo di strumenti di collaboration, di condivisione, con la possibilità di dare agli utenti l’opportunità di lavorare ovunque, con qualsiasi device e tipologia di network… in massima sicurezza.
Ipotizziamo che l’azienda abbia un reparto IT all’avanguardia, ed un management portato ad innovare, e che abbia intrapreso un processo di digital transformation prevedendo tutte le tecnologie per automatizzare i processi e dotare le persone di tutti gli strumenti necessari per lavorare con l’innovazione tecnologica.
Cosa accadrebbe se il resto della popolazione all’interno di questa organizzazione avesse una bassa predisposizione al cambiamento, bassa dimestichezza con l’uso delle tecnologie, percepite come un nemico che potrebbe modificare il loro modo di lavorare?
Tanti anni di esperienza nel mondo dell’information technology mi hanno fatto capire che portare nuove tecnologie e nuovi processi all’interno delle organizzazioni può diventare molto costoso quando le persone non sono a bordo. Tanti anni fa era addirittura estremizzato questo concetto perchè alle persone non si pensava proprio, mentre oggi si cerca di parlare di centralità della persona… però la premura resta fornire a tutti le tecnologie e strumenti per lavorare in una nuova modalità, senza focalizzarsi sugli stati d’animo e abilità/comportamenti che possono aiutare ad utilizzare al meglio le tecnologie e ad intravedere il nuovo come opportunità e qualcosa da sperimentare.
Qualsiasi processo di trasformazione organizzativa passa attraverso le persone e la loro predisposizione al cambiamento.
Ecco allora che compare (già da qualche anno) il Digital Mindset, una mentalità aperta al cambiamento e a cogliere le opportunità offerte dalla trasformazione digitale: alle persone è richiesto di manifestare curiosità, essere proattivi e positivi e avere una forte capacità di adattamento (e di ri-organizzare al meglio il proprio lavoro). Si tratta di portare le persone ad avere una mentalità aperta e costantemente propensa alla crescita, che viene definita “growth mindset”, in contrapposizione con il cosiddetto “fixed mindset”, un approccio chiuso che porta la persona a voler soddisfare il bisogno di sentirsi al sicuro e muoversi esclusivamente all’interno di un perimetro mentale che conosce bene. La “digital dexterity”, ossia la confidenza che hanno le persone con l’utilizzo del digital (digital hard skills) e la capacità di riorganizzare il proprio lavoro sono ovviamente una componente importante. Non è detto però che una persona che utilizza bene il suo smartphone per fini personali (social e altro) possa essere ben disposta a cambiare rispetto a novità tecnologiche introdotte in azienda.
Ecco perchè il Digital Mindset diventa una componente essenziale in un processo di trasformazione digitale all’interno di una organizzazione. E finalmente arriviamo al ruolo strategico dell’intelligenza emotiva, di cui avevamo accennato all’inizio. Dal momento che l’intelligenza emotiva è un set di competenze allenabili e misurabili ed il motore per lo sviluppo di specifici talenti/capacità, che sono funzionali allo sviluppo del digital mindset, va da sé che diventa importantissima per aiutare le persone a sviluppare un approccio ed una mentalità aperta al cambiamento e che intravede il nuovo come un’opportunità. Talenti allenabili con le competenze dell’intelligenza emotiva come ad esempio l’Adaptability che favorisce il cambio di prospettiva e la capacità di riordinare le proprie idee di fronte all’innovazione portando ad una nuova comprensione utile per migliorare il proprio modo e approccio al lavoro. E che dire della Proactivity , quella capacità di affrontare le nuove sfide ed utilizzare la propria spinta interiore mostrando apertura e disponibilità senza bisogno di input esterni. Un ultimo esempio potrebbe essere anche il talento della Collaboration, che favorisce quella capacità di lavorare in sintonia con i colleghi, importante oggi più che mai in modalità smart working. Un talento per contrastare il sentimento di isolamento che molte persone stanno sperimentando e che sfocia in ansia e stress.
La misurabilità dell’intelligenza emotiva ci consente, attraverso strumenti di people analytics, di mappare e analizzare la presenza di specifici talenti che possono aiutare le aziende nel loro percorso di trasformazione e maturità digitale. L’intelligenza emotiva può diventare quindi l’asse portante nello sviluppo del digital mindset, accompagnato naturalmente anche da possibili training mirati che vadano ad ampliare le digital hard skills della persona ed aumentare la digital maturity complessiva dell’organizzazione. Oggi l’unico modo corretto di parlare di “people centricity” è pensare veramente alle persone, alle loro emozioni e dare strumenti per migliorarsi in questo mondo digital in costante cambiamento, e lo sviluppo delle competenze socio-emotive è la base da cui partire.
Massimiliano Caviglia, Active Member EQ Biz